LA VERSIONE DI BARNEY
di Massimo Vincenzi
dal romanzo omonimo di Mordecai Richlerhttps://vimeo.com/manage/videos/516192152shapeimage_2_link_0
 

ANTONIO SALINES

ne

LA VERSIONE DI BARNEY

di Massimo Vincenzi

dal romanzo omonimo di Mordecai Richler


e con la partecipazione in video di


Virgilio Zernitz – Izzy Panofsky

Gabriella Casali – Miriam, la terza signora Panofsky

Fabrizio Bordignon - Boogie

Monica Belardinelli – La seconda signora Panofsky

Elisabetta Ventura – Clara, la prima signora Panofsky


musiche originali di Francesco Verdinelli

e musiche di John Coltrane, Keith Jarrett e Charlie Haden


regia video di Enzo Aronica


regia

Carlo Emilio Lerici




Teatro Belli    14 – 23 ottobre



Quante facce ha la verità? Quante versioni? Barney, ci racconta la sua. La versione di Barney, noto romanzo di Mordecai Richler che ebbe successo negli ultimi anni '90, va in scena al Teatro Libero di Milano, con l'adattamento di Massimo Vincenzi e la regia di Carlo Emilio Lerici. Il romanzo (vero e proprio best-seller: trentasette edizioni complessive, tra le collane Fabula e Adelphi, e quasi cinquecentomila copie vendute), è un flashback lungo quarant’anni. La versione teatrale, un monologo. Unico attore a riempire la scena è Antonio Salines nei panni dell'anziano Barney Panofsky. Salines, riempie la scena con la sua sola presenza, capace di farci rivivere un’epoca, e la sua versione dei fatti, offrendo al pubblico una molteplicità di suggestioni emotive. Chi è Barney? È un ebreo canadese, quasi settantenne, con la memoria a pezzi a causa dell’Alzheimer. E’ un uomo che ha vissuto smodatamente e sempre sul filo dell'autodistruzione. Il monologo procede per flashback, interagisce con i volti frammentati, (come la verità) che appaiono sullo schermo e narrano la loro versione dei fatti. Tanto rumore per chiarire il mistero della morte dell’amico Bernard Boogie Moscovitch, Barney è accusato di omicidio, dallo scrittore Terry McIver, suo compagno al tempo del soggiorno a Parigi. Ma i ricordi appaiono confusi e disordinati.  Gli episodi del passato, si intrecciano con gli avvenimenti del presente del vecchio Barney, debilitato, abbandonato dall’unica donna che ha amato, la terza moglie, ed alcolista irrecuperabile. I ricordi di questa vita ricca di avvenimenti e incontri, appaiono al pubblico attraverso le creazioni video di Enzo Aronica. La scena è essenziale, neutra e familiare: un attaccapanni, uno schermo che proietta le “differenti versioni dei fatti” e una poltrona su cui siede Barney. Pochi oggetti scenici che acquisiscono una pluralità di significati, che assumono una valenza simbolica, che mostrano un universo metafisico. La poltrona diventa il bar, dove Barney si intratteneva con gli amici, l’attaccapanni, il simbolo delle cose lasciate a metà, delle occasioni perse, degli oggetti appesi al filo della memoria. La regia calibra in modo equilibrato video, parole, luci. L’ininterrotto flusso di coscienza, è scandito da un sapiente uso delle luci, in grado di produrre significati intimi e profondi, di valorizzare memorie di fornire informazione. Luce diretta, luce tagliente luce diffusa, ogni luce è un momento della vita emotiva di Barney, una versione dei fatti… Luci ma anche ombre e penombre …per raccontare il mondo di Barney e la sua vita e il suo sopravvivere… “Sono sopravvissuto alla scarlattina, agli orecchioni, a due rapine a mano armata, alle piattole, all'estrazione di tutti i denti, a un'operazione all'anca, a un processo per omicidio e a tre mogli.”

Scritto da Angela Villa  (Dramma.it)

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